Pochi prestiti alle imprese e a caro prezzo: investimenti a rischio

La concessione di prestiti alle imprese da parte del mondo creditizio continua a rappresentare un grosso problema per il sistema del commercio, del turismo e dei servizi. L’erogazione avviene con il contagocce e a un costo molto elevato. Ciò comporta per le aziende un certo scetticismo nel realizzare progetti di crescita. Questo, in sintesi, il risultato dell’ultima analisi condotta sul tema da Confcommercio in collaborazione con Format Research. “L’accesso al credito è un problema grave – afferma Giulio Gennari, presidente Confcommercio Grosseto – che sta rallentando nuovi investimenti anche in provincia di Grosseto”.

Secondo l’indagine Confcommercio quasi il 40% delle imprese del terziario, nel corso del 2023, ha ottenuto meno credito di quanto richiesto e 8 imprese su 10 hanno registrato un aumento del costo del credito a causa dell’inasprimento dei tassi di interesse; un peggioramento che ha costretto oltre il 40% delle imprese a rinunciare, in tutto o in parte, agli investimenti programmati, in particolare per la crescita, la sicurezza e l’innovazione, e a nuove assunzioni nel corso del 2024. Secondo l’indagine inoltre, la stretta del credito comporterà per il 45% delle imprese un peggioramento della situazione della propria liquidità, con il rischio di un impatto negativo sulla domanda dei consumatori a causa di una minore capacità delle imprese di fare sviluppo commerciale presso i propri clienti e con una conseguente diminuzione dei ricavi e una minore capacità di fronteggiare l’aumento dei costi praticati dai propri fornitori.

“I costanti aumenti dei tassi di interesse – riprende Gennari – non hanno portato grandi benefici alle imprese. Anzi, al contrario. Hanno appesantito in maniera molto grave il conto economico, in special modo di quelle aziende che a causa della pandemia Covid19 si sono dovute rivolgere proprio alle banche per poter restare in piedi in quel periodo di black-out. Sono stati concessi moltissimi mutui e prestiti a 5 e a 7 anni e i recenti aumenti dei tassi li stanno, di fatto, rendendo insostenibili. A soffrire di più sono le aziende di più piccole dimensioni che nel nostro territorio sono la stragrande maggioranza se non addirittura la totalità. Abbiamo in mano dati che certificano come a livello nazionale, dal 2011 ad oggi, i prestiti del sistema bancario verso le imprese con meno di 20 dipendenti si sono ridotti di oltre il 35%. Una stretta creditizia che ci preoccupa fortemente. Chiediamo alle banche maggiore attenzione alle imprese, soprattutto a quelle più piccole. Tuttavia è indubbio che un importante banco di prova sarà anche la riforma del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese”.

Tornando allo studio di Confcommercio e Format Research, risulta che nel corso del 2023 il 40,1% delle imprese ha chiesto un fido/finanziamento, o ha chiesto di rinegoziare un fido/finanziamento esistente. Di queste, quasi la metà (47,8%) si è vista accogliere la domanda con ammontare pari o superiore a quello richiesto, il 36,6% ha visto accogliere la propria domanda di credito, ma con un ammontare inferiore alla richiesta ed il 3,7% ha visto rifiutare la propria domanda di credito. Il 60,0% delle imprese ha fatto richiesta di credito per esigenze di liquidità e cassa, il 25,4% per effettuare investimenti e il 14,6% per ‘ristrutturazione del debito’.

Quasi otto imprese ogni dieci tra quelle che hanno finanziamenti in essere rilevano un peggioramento dei tassi, ovvero il credito costa molto di più rispetto al passato. La situazione appare meno critica con riferimento alle garanzie chieste alle imprese a copertura dei finanziamenti concessi (la situazione è rimasta invariata per il 60% delle imprese) e la severità dei criteri di selezione (situazione invariata per il 64,2%).

Il 5,4% delle imprese del terziario, negli ultimi 18 mesi, ha utilizzato lo strumento del Confidi per ottenere un finanziamento. Delle imprese che hanno utilizzato il confidi il 59,8% ha ottenuto il finanziamento in tempi più rapidi, il 30,7% a costi inferiori ed il 9,5% di importo maggiore. Di fatto, grazie al Confidi, si ottiene il credito in tempi più rapidi ed a costi inferiori.

La riduzione del credito e/o l’aumento del costo del credito hanno determinato per il 31,2% delle imprese l’annullamento totale degli investimenti previsti. L’11,4% sarà costretto invece a rinunciare “in parte” agli investimenti che era intenzionata ad effettuare. Ad essere maggiormente penalizzate sono le imprese del commercio food e no food, le imprese dei servizi alla persona, le imprese con meno di 5 addetti, le imprese del centro e del sud/isole.

La riduzione del credito causerà – secondo le attese del 45% circa delle imprese- un serio peggioramento della situazione della propria liquidità, diminuendone le prospettive di sviluppo commerciale e di crescita. Il 12,6% delle imprese teme inoltre che la riduzione del credito possa impattare negativamente sulla domanda dei consumatori nel 2024, ovvero sulla capacità delle imprese di fare sviluppo commerciale presso i propri clienti, con una conseguente diminuzione dei ricavi (difficoltà temuta molto o abbastanza dal 23,9% delle imprese), nonché una minore capacità delle imprese stesse di fare fronte all’aumento generalizzato dei prezzi dei propri

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